Inventare il proprio pubblico

Un bell'articolo di Gianluigi Ricuperati sul coraggio di essere editori anche nell'era della partecipazione:

Prendete i media generalisti che ancora funzionano, che ancora contano per la vita delle persone, tanto quanto Anobii importa ai suoi frequentatori (per esempio le riviste femminili), e sostituite l’assurda abitudine di segnalare le novità col manuale Cencelli (una settimana a un editore, quella dopo a un altro) con la passione devastante e selvaggia di un critico che sceglie. E che, come ogni impresa capace di lasciare un segno, sa inventare il proprio pubblico.

Qui tutto l'articolo

Una delle risposte che gli amanti dei libri hanno dato al progressivo abbandono da parte dei media della critica ‘responsabile’ (cioè che si assume il rischio di scegliere, e lo fa avvalendosi di intellettuali di professione chiamati critici, persone che hanno naso e sanno distinguere il grano dal loglio) sono i cosiddetti ‘social network editoriali’. I social network sono, per usare la magnifica espressione coniata da Teilhard de Chardin, noosfere fatte di parole, immagini, emozioni condivise, racconti individuali, microfisica del quotidiano e consigli per gli acquisti.


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