Marc se n'è andato

Un annuncio laconico e malinconico sulla sua pagina di Facebook recita: "La famille de Marc, ses plus proches amis ont la douleur de vous annoncer le deces de Marc ce mardi 9 aout 2011"

La prima volta che ho visto Marc è stato a Barcellona. Era venuto a trovare Siobhan, la giovane designer americana con la quale stavamo lavorando per una università catalana. Siobhan raccontò le rispettive storie per farci conoscere, con il consueto entusiasmo di un'americana realizzata e curiosa. Malgrado gli sforzi di esaltare a mia inesistente carriera, la vicenda di Marc era enormemente più interessante. Pittore parigino di una certa fama, componeva magnifici carnet de voyage dipingendo ad acquarello su buste usate e affrancate, comprate nei mercati delle pulci. Era a Barcellona per Siobhan. Il giorno dopo, in una pausa del lavoro, ce ne andammo in giro al parc Güell, a Barceloneta e finimmo a mangiare tapas al Barrio Gotico. Quasi senza dire una parola.

Marc era laconico. Si creò immediatamete un legame tra di noi che non aveva bisogno di parole. Lo incontrai di nuovo un paio di anni dopo, per il suo compleanno. Arrivò senza sapere della mia presenza
nel piccolo appartamento di Siobhan al quarto piano di una palazzina di mattoni rossi in Bedford Street, nel cuore del Village, a New York. Quasi quindici anni fa. Era negli Stati Uniti per Siobhan e per cercare uno studio a Brooklyn. Li ho sentii salire lungo la ripida rampa di scale e li vidi apparire sulla porta. Sorridevano entrambi. Una cosa normale per Siobhan, meno per lui, un francese dal volto lungo, spesso ombroso, con una certa somiglianza con un giovane Albert Camus. Ci abbracciammo imbarazzati e commossi.

Il giorno dopo ce ne andammo in giro da soli imbaccuccati nel freddo pungente dell'inverno. Ci sedemmo nella hall del Chelsea Hotel in onore delle tante star maledette che ci avevano soggiornato. Mangiammo un gigantesco hamburger di bisonte. Durante la notte lo trovai seduto sul divano, vestito, che fumava. Qualche problema sentimentale, pensai. Ma non gli chiesi nulla, non era nostra consuetudine. Ce ne andammo in giro anche il giorno dopo fumando sigarette e parlando di chissà cosa.
Mi raccontò del suo imminente viaggio in Buthan.

Ci incontrammo altra volte sempre a New York. Mi invitò ad andarlo a trovare a casa sua in Rue e Clichy, a Parigi. Promisi che l'avrei fatto. Un'amicizia profonda, senza troppo parole, da lontano, scandita da un tempo lunghissimo. Ci siamo scritti qualche volta e l'anno scorso l'ho ritrovato su Facebook. In tempo per leggere l'ultimo post.


Marc Lacaze 1966-2011

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