Regaliamo gli Uffizi


Tempo fa, in occasione della prima edizione del Festival Nuovo e Utile a cura di Anna Maria Testa a Firenze, il compianto direttore della rivista MyMedia, Fabrizio Pecori, mi espresse il suo stupore. Era stupito che un festival del genere fosse stato ospitato in quella città. Mi raccontò, da fiorentino, delle sue lotte quotidiane per organizzare eventi culturali e della sostanziale refrattarietà di Firenze a tutto ciò che non fosse Rinascimento.




Abbiamo una storia troppo pesante. È forse l’ora di liberarcene, ricominciare. Il Made in Italy è ogni giorno di più uno stantio slogan nostalgico buono solo per vecchie ricche texane cotonate e comitive di giapponesi che domani troveranno roba nuova da immortalare.

Le idee non stanno più qui. Per lo meno non quelle sulle quali siamo campati fino a poco tempo fa. Neanche il turismo sta di casa qui. E l’arte è solo ciò che ci è rimasto in eredità. Un’eredità che ci siamo spesi allegramente senza costruire niente di buono, niente di nuovo, niente di vivo.

E allora facciamo che gli italiani e l’Italia che conoscevamo fino ai tempi del neorealismo sia affondata, improvvisamente, una notte. Proviamo a reinventarci senza poggiare il culo su quella maledetta eredità che non siamo stati in grado di gestire, che ci ha schiacciati.
Dante è morto (fate tacere Benigni!), Michelangelo è morto, Puccini è morto, De Sica (Vittorio, non Christian) è morto, Gramsci è morto e anche Armani è ora che se ne vada in pensione.

Gli islandesi che vivono su un'isola vulcanica, dove oltre ai geyser e all'umidità non c'è altro, si sono inventati Björk, Sigur Ros e il Museo del Pene. Va bene, quest'ultimo è un po' un'idea del cazzo ma almeno è qualcosa di più vivo della Cappella Sistina.

Regaliamo le opere d’arte, i palazzi, le biblioteche ai tedeschi (e non a Dell’Utri). Facciamo posto. Non dovremmo neanche più chiamarci italiani. Nella spazzatura di quella eredità ingombrante ci finiscano pure la mafia, il nepotismo, l’amore smodato per il privilegio.

Chiamiamoci lillipuziani senza casa e proviamo a rinascere. Sono sicuro che tutto ciò che c’è di buono in quella eredità che dovremmo dimenticare ritornerà sotto forma di invenzioni contemporanee.
Ma non un nuovo Rinascimento, per carità. Anche quello è morto tanti e tanti anni fa. È noi siamo vivi ora.

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